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Recensioni

Gian Luigi Barcarolo

 

 

 Augusto Ferrari

Fare la conoscenza di un artista, parlare della sua arte e delle opere che lui crea è sempre un’ argomento che desta un certo interesse e perciò da molti apprezzato, e soprattutto rende merito alla persona, al suo ingegno e alla sua attività. Anche in questo caso si propone quindi un’artista che abita nel nostro quartiere il signor Gian Luigi Barcarolo: pittore, scultore e restauratore. Barcarolo è originario di Schio, e in questa cittadina, ancora molto giovane, muove i primi passi verso quella che sarà la sua carriera professionale. Inizialmente trova lavoro presso laboratori orafi di ceramica e fotografici del luogo. Poi, non ancora ventenne, si trasferisce a Vicenza e diviene allievo del Maestro Otello De Maria. Dopo il servizio militare, alla ricerca di uno spazio proprio, ma soprattutto dell’ispirazione che faccia emergere il suo ancora acerbo estro creativo, e che sente ardere nell’intimo come un fuoco che cova sotto la cenere ma non riesce a sprigionarsi, e non avendo trovato in città la strada per una vocazione che lo appaghi, si trasferisce a Parigi. Nella capitale francese conosce un docente dell’accademia delle belle arti di Avignone che lo indirizza al restauro; in seguito famigliarizza con una compagnia di pittori itineranti, e inizia con loro una lunga collaborazione che lo porterà in giro per l’Europa ad occuparsi del recupero dei dipinti, in particolare di molti pittori fiamminghi. Per la sua attività di restauratore e di pittore riceve i primi riconoscimenti; significativo quello dell’accademia internazionale di San Marco di Venezia. Al suo rientro in Italia -sono trascorsi intanto dodici anni-si accasa di nuovo anche artisticamente a Vicenza e qui ritrova i consigli del suo vecchio Maestro De Maria, ma soprattutto, ora, si sente pronto a intraprendere la non semplice professione di artista. Da un senso a quel fuoco interiore che lo vivacizza fin da giovane. Una sua affermazione di alcuni anni più tardi:”non dipingo per riempire un vuoto ma per vuotare un pieno che è dentro di me… e preme.” Riprende l’attività di scultore e modellatore presso alcune ditte orafe e del settore della ceramica artistica, non tralasciando di operare anche in proprio. La sua perizia nel campo della fotoceramica lo porta a creare forme veramente originali tra le quali la riproduzione in formelle di alcuni disegni di Leonardo Da Vinci; un’ispirazione che gli aprirà le porte di Palazzo Grassi di Venezia in occasione della mostra dedicata al grande genio del nostro Rinascimento. Le stesse creazioni troveranno significativa esposizione anche al Lingotto di Torino.

Intorno agli agli anni90, abbandonata la pittura tradizionale olio su tela, si dedica all’affresco e alla scultura utilizzando vari metalli, il vetro e la ceramica, Il suo particolare estro creativo lo fa conoscere oltre i ristretti limiti vicentini; riceve infatti numerose attestazioni e premi, anche

d’importanza nazionale , tra i quali il Premio Città di Padova, Un Saluto da Este , etc. Espone quindi a Treviso , a Recoaro Terme, e in questa cittadina Termale vi ritorna in occasione del 32° Congresso Internazionale dell’Istituto Rezzara di Vicenza . Nel 1998 esegue una delle opere scultoree

più significative : una grande composizione plastica, dal titolo “Lavoro, Dignità , Tempo “ , nella quale il metallo-il ferro battuto e il bronzo-la ceramica e vetro fuso e poi lavorato trovano una armonizzazione d’assieme magistrale. Cominciano a parlare in modo lusinghiero di questo artista eclettico anche critici di vaglia : “Colpisce nella pittura del Barcarolo l’istintiva capacità di dar vita a forme ed espressioni che scaturiscono da una forte sensibilità di Artista..la linea , la pennellata , la scelta dei colori e la modellizzazione dei volumi e dei piani diventano strumento di comunicazione, elementi fondamentali del suo linguaggio pittorico, volti a cogliere e ad interpretare brani della realtà.” Agli inizi del 2000 inaugura una propria Galleria in Viale Verdi di Vicenza dove espone in permanenza.

Il Pittore . Nel dipinto di Barcarolo c’è oggi un qualcosa di diverso che attrae e incuriosisce; infatti, lasciata la pittura tradizionale olio su tela ama dipingere su supporto ligneo, seguendo le tecniche d’affresco praticate dagli Antichi Maestri . Sulla tavola stende uno strato di malta, colla di pesce, calce e polvere di marmo e una volta asciutto applica una spalmatura di terre naturali miscelate con olio e lattice. L’imprimitura-questo è il termine tecnico- viene di seguito “pettinata” con uno strumento dentato per conferire ed accentuare un particolare movimento alle figurazioni. Infatti la pennellata di colori ad olio rende plastica la forma e fa emergere, in tutta la sua movimentazione di linee, l’animazione dell’immagine . La sua tematica pittorica propone di preferenza episodi di sofferenza umana; un motivo duro, angoscioso, crudo, non certo facile e comprensibile a tutti ma reale e schietto, reso particolarmente espressivo dalla nuova tecnica adottata. Per ottenere certi risultati si avvale anche dell’esperienza maturata nel campo della ceramica d’arte e del vetro lavorato. La scelta dei colori e la modellazione dell’imprimitura, con il tratto di pennello, divengono strumenti fondamentali per “penetrare” il momento, e i lineamenti dei personaggi paiono viverlo assumendo una marcata espressione di sofferenza che sembra rendere lì vivo e reale il loro dramma.

Lo scultore Manipolando il metallo , la ceramica e il vetro, il Barcarolo ama trasmettere il suo pensiero con un messaggio che, appunto con il metallo, la ceramica e il vetro fuso, propone risultati, anche d’assieme, veramente realistici.

Interpreto in breve il pensiero di un critico che così “dipinge” l’intimo dell’artista e la sua opera: “Difronte a un mondo di uomini più capaci di guerre che di pace, che distruggono con il ferro e con il fuoco, è chiaro il suo desiderio di rintracciare, proprio attraverso la lavorazione a fuoco del metallo e del vetro, una prospettiva forte, capace di evidenziare quanto di negativo sembra sopraffare l’uomo, ma allo stesso tempo si fa interprete di istanze che richiamano ogni uomo al valore positivo dei suoi pensieri e delle sue azioni.”

In questo contrasto di sentimenti e di materia l’artista, come vedremo, da il meglio di se stesso. Con il fuoco e con l’opera della mano e all’occorrenza con il colpo di martello, plasma espressioni della nostra esistenza. La fiamma ossidrica , con cui piega al suo io il metallo e il vetro , è adoperata per plasmare, per sagomare, per creare forme e tonalità di tinte che compaiono “quasi inaspettate”. La sua frenesia creativa fa emergere toni di colori che vanno dai rossi cupi ai tenui rosa, compaiono verdi splendenti e poi bruciati, gradazioni di lilla che scivolano in tinte indaco e si fondono, per fissarsi quindi in sfumature di neri intensi.

Il vetro per il Barcarolo , elemento compatto e solido all’apparenza ma liquido nella sostanza, ben si presta a movimentare le forme , a rappresentare una realtà . Il vetro infatti non è statico, è struttura elastica e in continuo movimento; e con il mito antico del fuoco avviene la sua trasformazione. Con il calore la materia si forma e si dipana in prospettive, dove il mutare della luce offre una risposta godibile di sentimenti e di colori . In realtà è la sua maturazione di artista, peraltro sempre in sfida con se stesso, che lo porta alla ricerca continua di nuove frontiere. Il metallo, la ceramica e il vetro lavorati assieme, materiali di non facile armonia, fanno emergere tutto il suo estro e il fuoco della sua forza creativa.

Il restauratore La padronanza delle tecniche da applicarsi al restauro lo hanno portato in giro per l’Europa, ma i primi tempi non sono stati certo facili: c’era nel suo io un’intima, istintiva ribellione che lo induceva dopo aver rimediato con difficoltà qualche lavoro occasionale, a pennellare ogni muro: un’ansia di fare Arte e di contestazione al medesimo tempo. Forse, lo dice lui stesso, per espiare la sua attività di “vecchio graffittaro” che si è dedicato a riportare all’antico splendore, oltre che tanti capolavori della pittura, anche antichi Palazzi in degrado. Per la sua particolare e forse innovativa tecnica di pulitura, che si avvale dell’uso del carbonato di ammonio come solvente naturale, ha ottenuto, su commissione delle Belle Arti di Venezia di restaurare la Balaustra della Loggia della Basilica Palladiana. Un lavoro che ha ricevuto qualificati riconoscimenti per aver riportato il marmo Palladiano al biancore originale.

Parlare più a lungo di Barcarolo e dell’intimo fermento che vivacizza la sua arte si rischia d’andare oltre certi limiti d’interesse e di non “illuminare” tutta la maestria dell’artista; ci soffermiamo perciò- siamo nel tempo pasquale- su quella che per molti critici si colloca tra le creazioni più significative, forse la più espressiva del sentimento vero che lo anima : La Via Crucis. Realizzata con appropriata miscela di materia, di colore e di sentimento, pur originale nello studio, nella forma e nella comunicazione, è una Via Dolente in XIV tavole, sempre capace di offrire intatta la sua antica e profonda pietà. Il dramma, pur scostandosi dai canoni classici, lascia quindi inalterato quel suo lirismo drammatico che da sempre affascina e commuove. La figura sofferente di Gesù è infatti la grande assente: per dieci stazioni sono le sue mani le protagoniste e segno eloquente del tormento fisico e interiore dell’Uomo, e dell’imminente tragedia. Gesù si guarda e guarda la gente, ma è l’occhio di chi assiste e partecipa al suo dolore in prima persona che dipinge il dramma: il Cireneo, Maria sua madre, le pie donne, i soldati; la gente invece, nell’immaginario, pare come assente. Le scene sono dominate da certe sfumature di rosso: una rigorosa interpretazione della realtà. L’Uomo è stato coronato di spine, flagellato e il sangue, calato copioso sugli occhi, lo obbliga a guardare attraverso un tormentoso velo.

Spicca evidente, “quasi prepotente”, nell’opera la volontà dell’artista di tracciare prospettive forti, ma che vogliono esprimere anche i più autentici valori positivi. Infatti la serie prevede la XV Stazione: la Risurrezione, espressione di ottimismo e di profonda fede, ma i fatti dell’ 11 Settembre spinsero Barcarolo a non far nulla: una beffa ai suoi sentimenti, alla certezza delle conoscenze positive della conoscenza umana oppure un attimo di sconforto ?

Non è facile “entrare nel momento” di un artista , descrivere il suo travaglio interiore di fronte a sì immane e insensata tragedia. Su questa-mi sia concesso l’accostamento- nuova Crocefissione del 2000 soltanto da un Uomo, dal Salvatore, può venire la risposta e farsi interprete di certi valori in senso positivo. Per il nostro artista l’ascesa al Calvario è il prologo alla tragedia: la morte sulla Croce, ma la Risurrezione è un ricominciare: il trionfo della vita su ogni forma di morte; la morte può essere anche il desiderio di una giustizia a tutti i costi. E’ quindi necessario che l’uomo ricominci di nuovo da Gesù che tende la mano a tutti, anche i più abietti, perché la Risurrezione di Cristo è la risurrezione di tutti. E oggi più che mai, è necessario ricominciare proprio da un nuovo Cristo, un Salvatore che tende la mano e non la ritrae nemmeno di fronte agli atti più efferati, e fa di nuovo trionfare la vita: la Risurrezione. La consapevolezza di questi valori indusse il Barcarolo a ripensarci e quindi a realizzare la XV Stazione. Un’opera la quale ci svela tutta la maturazione dell’artista, e quanto è profondo l’intimo sentimento spirituale dell’uomo .

La XV Stazione si distingue per le forme geometriche e per la diversità dei materiali impiegati tanto che si estranea dalle immagini delle precedenti; chi si aspetta perciò la consueta rappresentazione rimane a prima vista sbalordito dal componimento e sopratutto dalle dimensioni dell’opera; altrettanto però esprime illuminante il senso del ritorno alla vita. Un solido di circa tre quintali appare solenne nell’intreccio di varie forme scultoree che vogliono rappresentare : nella base quadrata la terra ferita e l’umanità straziata; nelle quattro colonne monolitiche di puro cristallo che svettano i quattro punti cardinali: le quattro dimensioni dello spazio e dell’uomo; nella sfera d’acciaio che penetra la base la perfezione e nel cerchio ligneo che la circonda, decorato a foglia oro, il Verbo che assume identità di uomo a riscattare la nuova umanità. Questa è rappresentata, prima dalle migliaia di esseri morti, appena abbozzati con lamine di rame saldate sulla base, e poi da alcune figure umane che stanno progressivamente riemergendo fino ad identificarsi in due soli corpi , che abbracciati e a ritmo di danza, s’innalzano verso la luce a significare la nuova umanità, non più oppressa dall’angoscia ma liberata, che risorge riscattata dalla Risurrezione di Cristo: la Risurrezione di tutti i viventi.

E concludo con un aneddoto. La riproduzione su formelle di ceramica di taluni disegni di Leonardo, esposta a Palazzo Grassi di Venezia, ha sostituito un’analoga opera-non realizzata- che avrebbe dovuto riprodurne alcuni del Palladio, ideata inizialmente per essere esposta a Palazzo Chiericati, sede del Museo Civico cittadino in occasione della sua inaugurazione dopo un restauro: numerose le promesse. Era un passo importante per l’artista. Ad un certo momento però, le “promesse politiche” vennero meno: tante le ragioni o piuttosto le scuse. Barcarolo, pur contrariato non si perse d’animo, anzi l’episodio gli diede la forza “di bussare ad altre porte”. La sua idea dopo una selezione Nazionale con altri artisti, incontrò il parere favorevole dei curatori della mostra sulle opere di Leonardo che si doveva tenere, appunto, a Palazzo Grassi e in tre mesi d’assiduo lavoro portò a termine l’impegno: un bel riconoscimento, la giusta rivincita e un sicuro smacco per la cultura di certe “ scienze nostrane”.

Pasqua 2002

Augusto Ferrari

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